Fra Celestino da Verona
Giustiziato il 16 settembre 1599
Chi era il cappuccino Celestino da Verona e da quali motivazioni parte la denuncia che dette una svolta decisiva al processo romano contro il Nolano, determinandone il successivo andamento e, forse, l’esito? Alcune cautele sono d’obbligo nell’accogliere le notizie intorno a questo personaggio, avvolto nel mistero e nel silenzio.
Da documenti del S. Uffizio si ricava che Giovanni Antonio, figlio di Lattanzio Arrigoni di Verona, chierico professo e suddiacono dell’ordine dei Minori Cappuccini, noto come fra Celestino da Verona, aveva, già nel 1587, subito un processo ed era stato condannato
de vehementi. Era stato nuovamente imprigionato a Venezia e, dal settembre del 1592, fu compagno di cella di Bruno.
Probabilmente la sua velenosa delazione contro il Nolano fu dettata dal timore di essere stato a sua volta accusato da Bruno, a scopo difensivo.
Fra Celestino trascorse gli ultimi anni della sua vita in una rigorosa segregazione. Veniva fatto divieto, a chiunque lo accostasse, di riferire quanto venisse da lui proferito.
Fu giustiziato a Roma, il 16 settembre 1599, pochi mesi prima, e con le stesse modalità («legato a un palo ignudo, fu brusciato vivo») e nello stesso luogo, Campo dei Fiori, di Giordano Bruno.