Venezia
L'arresto e il processo
«Trovandomi a Francoforte l'anno passato, hebbi due littere dal signor Gioanni Mocenigo, gentilhuomo venetiano, con le quali me invitò a venir a Venetia, desiderando, secondo che mi scriveva, che io li insegnasse l'arte della memoria et inventiva, promettendomi de trattarmi bene, et che io mi saria contentato de lui; et cusì venni, saranno 7 o 8 mesi. Al quale ho insegnato diversi termini pertinenti a queste due scientie, stando prima fuori di casa sua, et ultimamente nella sua propria casa; et parendomi d'haver fatto et di haverli insegnato quanto bastava et dovevo, rispetto alle cose che lui mi haveva ricercato, deliberando per ciò de ritornar a Francoforte per stampar certe mie opere, pigliai giovedì passato licentia da lui per partirme.
Il quale, intendendo questo, et dubitando ch'io volesse partir fuori di casa più presto per insegnar ad altre persone l'istesse scientie che havevo insegnato a lui et altre, che andar a Francoforte, secondo che io diceva, mi fu a torno con molta instantia per fermarmi; et io instando tuttavia di voler partir, cominciò prima a dolersi che non li havevo insegnato quanto li havevo promesso, et poi a minacciarmi con dirmi che, se non fosse voluto restar di bona volontà, che haverebbe trovato il modo che sarei restato.
Et la notte del giorno seguente, che fu il venerdì, vedendo detto signor Gioanni che io persistevo nella ressolutione de partirmi, et che io havevo dato già ordine alle cose mie et fatto prattica de mandar le robbe a Francoforte, venne che io era in letto, sotto pretesto di volerme parlar; et doppo che fo entrato lui, sopragionsero il suo servitore, chiamato Bortolo, con cinque o sei altri, salvo il vero, che erano, secondo io credo et al mio giuditio, gondolieri de quelli che stanno vicini.
Et me fecero levar di letto et me condussero sopra un solaro; et me serrorno nel detto solaro, dicendo esso signor Gioanni, che, se volevo fermarmi et insegnarli li termini della memoria delle parole e li termini della geometria, che me haveva ricercato prima, che me haverebbe fatto metter in libertà; altrimenti me sarebbe successa cosa despiacevole.
Et io respondendoli sempre che me pareva de averli insegnato a bastanza et più de quello ch'io dovevo, et che non meritavo di esser trattato a quella maniera, mi lasciò lì sino il giorno sequente, che venne uno capitanio accompagnati co' certi homeni, che non conobbi; et mi fece condur da loro lì da basso nella casa, in un magazen terreno, dove mi lasciarno fino la notte, che venne un altro capitanio con li suoi ministri, et me condussero alle priggioni di questo Sant'Offitio; dove credo sia stato condutto per opera del detto signor Gioanni, il qual, sdegnato per quel che ho già detto, credo che haverà denontiato qualche cosa di me.»