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Ignazio di Loyola
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Tommaso Campanella
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L'Inquisizione

La repressione dell'eresia

Le origini dell’Inquisizione vanno collocate fra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, quando alla sede pontificia parvero insufficienti per la repressione dell’eresia (soprattutto catara e valdese) i mezzi ordinari e l’autorità vescovile. Nacque così - per nomina pontificia - la figura dell’inquisitor, giudice straordinario la cui competenza si affiancava a quella del giudice ordinario. L’inquisitore è giudice permanente e la sua competenza esclusiva riguarda l’haeretica pravitas (la perseveranza nell’eresia).
In epoca medievale viene canonizzata la procedura dell’inquisitio: 1) imputazione; 2) interrogazione (se l’imputato confessava la pratica era già istruita); 3) tortura (se l’imputato, anche sotto tortura, non confessava, lo si mandava assolto); 4) sentenza (dalla semplice imposizione dell’abiura fino al carcere perpetuo e alla consegna al braccio secolare). La sentenza era, di regola, pronunciata pubblicamente e solennemente durante una cerimonia detta sermo generalis, più nota col nome di autodafé, che ricevette all’epoca dell’Inquisizione spagnola.
Fra la seconda metà del XIV e la prima metà del XV secolo, l’attività di questo tipo di inquisizione va gradatamente scemando di intensità, mentre nasce l’Inquisizione spagnola e, come parziale prosecuzione di quella medievale, l’Inquisizione romana.




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