L'Inquisizione
La repressione dell'eresia
Le origini dell’Inquisizione vanno collocate fra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, quando alla sede pontificia parvero insufficienti per la repressione dell’eresia (soprattutto catara e valdese) i mezzi ordinari e l’autorità vescovile. Nacque così - per nomina pontificia - la figura dell’
inquisitor, giudice straordinario la cui competenza si affiancava a quella del giudice ordinario. L’inquisitore è giudice permanente e la sua competenza esclusiva riguarda l’
haeretica pravitas (la perseveranza nell’eresia).
In epoca medievale viene canonizzata la procedura dell’
inquisitio: 1) imputazione; 2) interrogazione (se l’imputato confessava la pratica era già istruita); 3) tortura (se l’imputato, anche sotto tortura, non confessava, lo si mandava assolto); 4) sentenza (dalla semplice imposizione dell’abiura fino al carcere perpetuo e alla consegna al braccio secolare). La sentenza era, di regola, pronunciata pubblicamente e solennemente durante una cerimonia detta
sermo generalis, più nota col nome di
autodafé, che ricevette all’epoca dell’
Inquisizione spagnola.
Fra la seconda metà del XIV e la prima metà del XV secolo, l’attività di questo tipo di inquisizione va gradatamente scemando di intensità, mentre nasce l’Inquisizione spagnola e, come parziale prosecuzione di quella medievale, l’
Inquisizione romana.