la vita di giordano bruno
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Enrico IV
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Caterina de' Medici
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Lezioni sulla Sphaera

Interpretazione difficile da ricostruire

Il De sphaera mundi è un celebre e fortunatissimo trattato di astronomia, composto nel XIII secolo dal domenicano Giovanni di Sacrobosco. Si tratta certamente di un testo chiave della scienza cosmologica medievale, dal rigoroso impianto fisico-geometrico, e perfettamente inserito nel solco della tradizione tolemaica.
La Sphaera ha una straordinaria fortuna e diffusione in Europa, durante quattro secoli, ed è utilizzata come testo-base per l’insegnamento dell’astronomia almeno fino alla metà del ‘600. Copiato, tradotto, commentato da generazioni intere di astronomi e filosofi naturali, ha la sua prima edizione  a stampa a Ferrara nel 1472, l’ultima nel 1669. Il trattato del Sacrobosco è ampiamente presente – in forma manoscritta – anche in numerosi fondi antichi di biblioteche conventuali domenicane: segnale rivelatore, quest’ultimo, dell’attenzione che viene rivolta, all’interno della tradizione culturale domenicana, alle problematiche cosmologiche e fisico-astronomiche.
Nel corso del ‘500, notevole è la sua fortuna editoriale, soprattutto grazie all’attività dei maestri della scuola domenicana: uno fra gli esempi più significativi di questa fortuna è l’Epitome in Sphaeram di Giovanni Crisostomo Javelli, pubblicata a Venezia nel 1557, lo stesso anno del primo soggiorno di Bruno nella città lagunare. Bruno ha certamente una conoscenza approfondita del testo di Sacrobosco, intorno al quale tiene lezione «a certi gentilhomini» anche nel corso dei mesi trascorsi a Noli. Non è facile però, in mancanza del testo delle sue lezioni, stabilire il tipo di lettura e commento operato da Bruno su questo trattato. Probabilmente mediata dal commento necromantico che ne fece Cecco d’Ascoli, la sua interpretazione della Sphaera forse conosce anche una vera e propria stesura scritta, come sembrerebbe suggerire un brano del De monade: «Et ego, in libro de sphaera, errorum istorum causam detego, et meridianum a meridie aversos inquirere doceo» («Io nel libro sulla Sfera, individuo la causa di codesti errori e esorto a ricercare il meridiano stando dalla parte opposta del mezzogiorno»).





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