Venezia

Una scelta controversa

Ci si è chiesti spesso perché Bruno accettò l’invito di Mocenigo a ritornare in Italia, paragonando, a volte, la sua sorte a quella di Michele Serveto, il quale aveva quasi sfidato la tremenda ira di Calvino passando per Ginevra, dove sarebbe stato arrestato, processato e giustiziato.
In realtà, il comportamento di Bruno non appare altrettanto imprudente. L’accoglienza che il Nolano aveva ricevuto dai vari Stati nei quali aveva trascorso il suo periodo di esilio forzato non era tale da garantirgli tranquillità di studi e sicurezza di vita. Del resto, il suo impegno alla pratica aveva creato non poche occasioni di conflitto con quegli ambienti riformati i quali dimostravano un senso della tolleranza persino minore di quello che ci si potesse attendere in uno Stato cattolico, ma alquanto autonomo, come la repubblica veneta: Venezia sembrava garantire una certa autonomia e indipendenza dalle eventuali pretese della S. Sede, dove, fra l’altro, il pontefice era ancora - ma mancavano due mesi alla sua morte - quel Gregorio XIII sotto il quale l’attività dell’Inquisizione era sembrata un po’ mitigarsi in intensità e rigore.
In realtà, le considerazioni che potrebbero aver giustificatamente spinto il Nolano a decidere di rientrare in Italia si sarebbero rivelate fallaci: nonostante il fatto che ancora Venezia ambisse a conservare un suo statuto particolare rispetto agli altri Stati italiani, la sua situazione politica non le garantiva, in quel momento, la forza e l’indipendenza che pure, in altri momenti della sua storia, le avevano permesso di contrapporsi al potere papale. Nemmeno le condizioni economiche erano floride come per il passato e se pure la sua vita culturale conservava una vivacità e una libertà che, altrove, era sconosciuta, i condizionamenti del generale clima controriformistico non mancavano di far sentire i loro effetti anche nella città lagunare.

Piazza di S. Marco, prospettiva I