Struttura amministrativa
Suddivisione dei poteri non compiuta
Dalla struttura amministrativa del Regno di Napoli emerge una forma embrionale di suddivisione dei poteri. Accanto al viceré e al “consiglio collaterale” esisteva una specie di ministero suddiviso in due segreterie di Stato e guerra e di giustizia. In genere, nelle zone di dominio spagnolo i consigli non avevano voto deliberativo, ma solo consultivo. Faceva eccezione proprio Napoli, dove verso la fine del secolo, per ordine (prammatica) di Filippo II, si deliberava a maggioranza di voti.
La più alta magistratura finanziaria era costituita dalla “Camera della Sommaria”. I “conservatori del patrimonio” e i “sovrintendenti generali della rendita” cercavano di mettere ordine nella confusa materia delle finanze in cui si sovrapponevano leggi e diritti feudali, regi ed ecclesiastici in una maniera selvaggia che l’“avvocato finanziario” cercava di riordinare. Alla magistratura amministrativa e giudiziaria si aggiungevano i giudici ordinari che facevano capo al tribunale detto “gran Corte della Vicaria”, affiancato dal “Sacro regio Consiglio”.
La burocrazia, come milizia, non era stata ancora inquadrata nell'organismo statale, per cui non esisteva una figura paragonabile al moderno funzionario. Gli uffici si acquistavano a prezzo di denaro sonante e procuravano un reddito. La vendita, per appalto o per licitazione privata, poteva essere a tempo, a vita o perpetua: così le cariche potevano diventare patrimonio di determinate famiglie, con le immaginabili conseguenze sul piano della corruzione e della mancanza di competenza dei titolari di tali uffici.
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