La “Libraria” di S. Domenico Maggiore
Le letture dei novizi
Considerata fin dal XV secolo una tra le più ragguardevoli biblioteche napoletane, la “Libraria” di S. Domenico Maggiore si era potuta arricchire nel corso del tempo grazie sia a donazioni e acquisizioni da privati sia a vari lasciti di frati del convento e di lettori dello Studio. Ospitata in una grande sala al primo piano del convento, accanto alla cella che era stata di s. Tommaso, la biblioteca era utilizzata dai maestri e dagli allievi dello Studio domenicano, cui il capitolo generale di Salamanca del 1551 aveva conferito il titolo di “universitas”.
Fra le donazioni più prestigiose che, agli inizi del Cinquecento, avevano arricchito le collezioni della Libraria vi era il fondo di Gioviano Pontano, costituito per lo più da manoscritti, in parte autografi. Donata ai padri del convento dalla figlia secondogenita, Eugenia, la raccolta - che era certamente una fra le più rappresentative della cultura umanistica napoletana - comprendeva, accanto a quattro scritti dello stesso Pontano, manoscritti dell’
Eneide e dell’
Odissea, la
Cyropedeia di Senofonte, il
De animalibus e il
De coelo di Aristotele, le commedie plautine, il
De arte amandi di Ovidio, testi di Cicerone, le
Epistole di Seneca, il
De trinitate e le
Homiliae di Agostino. Tra le opere a stampa figuravano la
Metafisica di Aristotele e le
Enneadi di Plotino.
Dei due inventari conservati presso la Biblioteca Nazionale di Napoli - e che comunemente vengono considerati cataloghi della Libraria di S. Domenico -, solo uno può essere propriamente utilizzato per ricostruire i fondi antichi della biblioteca. Il programma di
letture dei novizi, comunque, era ben delineato e soggetto a numerose restrizioni. Sullo scrittoio di Bruno troviamo, dunque, numerosi testi appartenenti a questa biblioteca, insieme con diverse altre opere la cui consultazione era indubbiamente più difficile e rischiosa.