Le diverse fasi del processo
Bruno rende piena confessione
Il processo contro Giordano Bruno, a Venezia, si svolse dalla fine di maggio al luglio del 1592 e lo si è potuto ricostruire con dovizia di dettagli, attraverso i costituti degli interrogatori e i vari, altri elementi in possesso dei giudici: le lettere accusatorie del Mocenigo e le testimonianze di Ciotti, Brictano e Morosini.
Nei primi due costituti (26 e 30 maggio) Bruno traccia un proprio profilo autobiografico con sapiente abilità. Col 2 giugno inizia il vero e proprio interrogatorio protrattosi per due intense giornate. Il 4 giugno si chiudeva la prima fase del processo, senza che si fosse giunti a un qualche reale risultato probatorio o accusatorio. Dopo tre settimane, la testimonianza del Morosini conferiva, trattando dell'ammirazione di Bruno per il re di Navarra e delle sue asserzioni di voler fondare una setta di “Giordanisti”, una coloritura politica a un processo che, per l'innanzi, sembrava vertere esclusivamente su temi di ortodossia religiosa. I giudici erano disorientati, capivano la gravità della posizione dell'imputato, ma non riuscivano a trovare chiare prove di colpevolezza.
Il 30 luglio l'inquisito fu ascoltato per l'ultima volta: egli assicurò di aver resa piena confessione, di riconoscere di aver dato adito a sospetti di eresia, manifestò il suo ravvedimento e la volontà di mutar vita, vivendo «nel seculo religiosamente
extra claustra». Le sue affermazioni furono coronate, in ginocchio, dalla dichiarazione di profonda contrizione e dalla richiesta di perdono.
Con sua confessione, Bruno sapeva di aver evitato
ipso iure la pena di morte.
Più volte fu invitato a risollevarsi dalla posizione di penitente. Il processo veneziano era, in pratica, concluso.