L’edizione giuntina di Aristotele con i commenti di Averroé
Uno strumento filologicamente avanzato
Fin dagli anni della prima formazione a Napoli, tra il 1562 e il 1565, Bruno si dedicò, secondo i canoni dell’epoca, alla lettura delle opere di Aristotele. Le edizioni giuntine del 1550, del 1552 e del 1562 dell’Aristotele latino offrivano uno strumento filologicamente assai avanzato per un nuovo e più maturo approccio alle opere dello Stagirita. Frutto della migliore tradizione umanistica, la nuova edizione di Aristotele presentava le versioni medievali e umanistiche dell’intero
corpus aristotelico, accompagnato dai commenti di Averroé. L’edizione del 1562 conteneva addirittura ben tre diverse versioni rinascimentali del
Grande commento averroistico ai
Secondi analitici.
Non solo: l’opera offriva, spesso messe a confronto, le nuove traduzioni ebraico-latine dei commenti inediti di Averroé ad opera di Abramo di Balmes e di Jacopo Mantino, i commenti dottrinali di Gersonide e Tomitano, insieme con le
Solutiones e la
Tabula di Marcantonio Zimara.
Bruno, dunque, poteva esercitare la propria critica sui testi del nuovo Aristotele umanistico, punto di arrivo della lettura umanistico-rinascimentale dell’aristotelismo, e far interagire, su questo fondamento, gli scritti di altri commentatori aristotelici.