Venezia e i turchi
Una lenta decadenza
Durante la prima metà del XVI secolo, di fronte agli attacchi che, con sempre maggiore virulenza e pericolosità, i Turchi portavano all’Occidente, il papa, l’imperatore e la Serenissima si strinsero in lega (8 febbraio 1538). A capo della lega, composta da un esercito di 70.000 uomini, da 200 galere e da 100 navi, c’erano Marco Grimani, patriarca d’Aquileia, per il papato, Andrea Doria, per l’imperatore, Vincenzo Cappello, per i Veneziani. La lega non ebbe l’appoggio di Francesco I, preoccupato dell’eccessivo potere di
Carlo V. La guerra non ebbe un andamento favorevole alla lega: non mancarono sospetti di tradimento e fu conclusa da una pace svantaggiosa. Da allora la politica veneziana fu alquanto incerta e, di tale incertezza, si avvantaggiarono i turchi.
Intorno al 1560 il problema della difesa delle coste italiane aveva assunto toni molto drammatici: dopo la pace di Cateau-Cambrésis, il futuro in tutta Italia era pieno di incognite e di miserie. Venezia tentò in ogni modo di porre riparo alla grave crisi e si rivolse un po’ a tutte le potenze straniere per ottenerne appoggio e aiuto. Ancora una volta, solo il papato e la Spagna risposero all’appello. Nel frattempo, però, la potenza lagunare aveva subito una tremenda sconfitta a Cipro e si era verificato il tremendo e memorabile episodio della presa, da parte dei turchi, di Famagosta, con l’atroce supplizio dell’eroico comandante Marcantonio Bragadin.
L’episodio scosse l’Occidente e la lega riprese vigore e iniziativa. Il 7 ottobre, la battaglia di Lepanto segnò uno dei momenti più gloriosi della lotta dell’Occidente contro il Turco. In seguito, però, rivalità e gelosie fra i componenti della lega impedirono che si proseguisse la campagna contro gli ottomani tanto che, nel 1573, Venezia si trovò a sottoscrivere, con la mediazione francese, una pace poco vantaggiosa con i turchi. Ormai l’impero coloniale di Venezia era al declino e la Serenissima si apprestava a seguire la sorte dei tanti Stati regionali italiani, deboli e divisi da gelosie provinciali.
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