La struttura sociale
Dominio della nobiltà feudale
Anche se, come la Lombardia, il regno di Napoli era sotto la dominazione spagnola, sul piano sociale una grande differenza caratterizzava i due territori. A Nord prevaleva un’aristocrazia patrizia, che non sdegnava attività e commerci. Nel Napoletano, invece, la
nobiltà era quasi tutta feudale: composta da principi, duchi, conti, baroni e semplici feudatari che avevano in mano in modo pressoché esclusivo la ricchezza immobiliare. Questi nobili erano notoriamente prodighi, prepotenti, per lo più in conflitto con i re nazionali angioini e aragonesi.
Un po’ al di sotto c’era la nobiltà cittadina, sorta di patriziato organizzato in “Seggi” o “Porte” e particolarmente potente a Napoli, dove anche le famiglie aristocratiche di tradizione feudale chiedevano l’iscrizione nei Sedili o Seggi.
Il popolo comprendeva, invece, ricchi mercanti e proprietari esclusi dalla nobiltà. Infine, in una condizione di soggezione sociale, se non giuridica, erano le classi infime della popolazione nelle città e i coltivatori dei campi, povera gente in balia delle prepotenze dei ricchi.
Un ceto a parte era costituito dai forensi: grandi giuristi, avvocati valorosi, modesti azzeccagarbugli vivevano attorno ai tribunali, alla ricerca di cause che li arricchissero, favoriti dalla grande confusione esistente in campo legislativo. Convivevano infatti, sovrapponendosi e dando appiglio a lunghe serie di controversie, svariati tipi di legislazione: quella romana, la feudale, la canonica e un numero non meno indifferente di costituzioni normanne e sveve, di capitoli angioini e di prammatiche aragonesi.
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