L'ontologia di Bruno
Un panteismo esplicito
I motivi ontologici presenti nel
De umbris sono quelli che più intimamente permeano il pensiero del nolano. Partendo da una considerazione di matrice cusaniana sul tema dei contrari, Bruno usa la dualità (l’eraclitea uguaglianza dei contrari) per ritornare all’uno. Il rapporto fra dualità ed unità si risolve in oltrepassamento di ogni dialetticità, superando anche la cusaniana
coincidentia oppositorum: non guerra ma armonia, non unità ma unione, non “logica” ma “vita”. Bruno recupera così un nuovo senso dell’Uno: esso non è più soltanto il principio soprannaturale inaccessibile alla ricerca razionale, ma diventa anche l’uno derivato, l’universo, specchio o ombra del primo uno, che tuttavia conserva un sostanziale carattere di infinitezza, così da far sfociare la sua posizione in un pantesimo piuttosto esplicito. L’universo possiede estensivamente ciò che l’uno, il primo principio, ha in sé intensivamente. Allo stesso modo, l’universo è ombra eterna, infinita e perfetta di dio, e in esso potenza e atto si identificano. Tale coincidenza assoluta, perciò, dev’essere necessariamente in quel simulacro del primo principio soprannaturale, che ha, nella sua totalità, tutte le specie e le forme che può avere. L’universo bruniano risulta dunque monisticamente come un essere nel quale tutto è materia e tutto è anima.