"Enrico mi fece chiamare"
Le lezioni mnemotecniche
La rinomanza conseguita in breve tempo da Bruno a Parigi ci viene da lui stesso illustrata nei costituti processuali: «leggendo quella lettione estraordinaria, acquistai nome tale che il re Henrico terzo mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la
memoria che havevo et che professava, era naturale o pur per arte magica; al qual diedi sodisfattione; et con quello che li dissi et feci provare a lui medesmo, conobbe che non era per
arte magica ma per scientia». Questa dichiarazione lascia facilmente intendere come l’interesse per Bruno negli ambienti di corte sia stato suscitato anzitutto dalle sue lezioni
lulliano-mnemotecniche.
Del resto, i circoli intellettuali di corte e la stessa Accademia di palazzo sono frequentati da uomini come J. D. Du Perron e Pontus De Tyard, di cui sono noti gli interessi per il sapere enciclopedico e la connessa arte della memoria come strumenti per un progetto di riforma religiosa e culturale. Ma la posizione di Bruno ai margini della corte francese, con la quale rimarrà in contatto più o meno diretto per cinque anni, si spiega con analogie politiche, oltre che culturali. L’equidistanza del Nolano dal fanatismo cattolico e da quello protestante trovava in effetti una congeniale base politico-ideologica nella corte di
Enrico III controllata dai
politiques, in contrasto con l’estremismo cattolico dei
liguers del duca di Guisa e, d’altro canto, tendenzialmente tolleranti nei confronti dei protestanti sostenuti dal calvinista
re di Navarra. Del tutto ipotetica rimane comunque la tesi di una effettiva collaborazione di Bruno al progetto politico del re di Francia, e di una sua missione politico-religiosa in questa direzione negli anni del suo soggiorno in Inghilterra.