Lo stato moderno

Uno stato autosufficiente

Il Cinquecento, in Francia, è il secolo che vede l’emergere di un nuovo concetto di stato come entità autosufficiente e fonte dell’autorità di chi governa sui sudditi. Del resto, a quel tempo la Francia è considerata generalmente la monarchia più prospera d’Europa. Popoloso e ricco, il regno ha istituzioni politiche che sono l’orgoglio dei suoi sudditi e l’invidia dei governanti dei paesi vicini. Il Papa e il sovrano del Sacro Romano Impero possono ancora pretendere di essere arbitri della cristianità, ma in Francia il re e il popolo insieme costituiscono un “corpo politico” autosufficiente, un tutto organico.
La novità che emerge è che l’autorità in questione deriva da un’entità con caratteristiche e proprietà sue specifiche; un’entità diversa dall’Imperatore o dal Papa: questa entità è lo “Stato”. Se è vero che già nell’Europa tardomedievale esistevano “stati” entro frontiere chiaramente definite, per capire l’importanza del Rinascimento francese in termini di idee politiche bisogna distinguere fra lo stato meramente territoriale e il concetto moderno di “stato” stesso. Per quanto si possa affermare che prima del ‘500 esistessero un territorio, un governo e un popolo francese, si deve però riconoscere che prima di quel secolo non c’era uno stato nel senso di un’entità diversa da chi governa e da chi è governato.
Nella situazione di crisi che la Francia del ‘500 vive, infatti, una nuova teoria costituzionale viene elaborata da pensatori che preferiscono che si conservi il regno piuttosto che trionfino a sue spese esponenti di spicco di una delle due dottrine religiose, oppure capi ambiziosi e spregiudicati di una qualche fazione. Primo fra tutti, Jean Bodin, l’autore, nel 1576, dei Sei libri della Repubblica. Quello che si delinea con Enrico IV, dunque, è l’embrione del moderno stato francese: la sua ascesa rappresenta infatti la fine dei disordini ma anche l’inizio dei cavilli giuridici.

Rappresentazione allegorica della Francia