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Enrico III
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Pierre de Ronsard
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La dottrina di Ramo

“Che intese Aristotele, ma che l’intese male”

Un platonismo che associa filosofia, grammatica ed eloquenza ispira la riforma logico-dialettica proposta da Pietro Ramo. All’astrattezza, al disordine, alla scarsa funzionalità della logica aristotelica egli oppone una nuova logica, una logica inventiva, fondata insieme sulla natura e sull’arte, una tecnica del discorso che insegni insieme a discutere, a esporre e, in genere, a servirsi giustamente delle facoltà di ragione. Alla dialettica, interpretata soprattutto come un’arte di pensare, spetta, a parere di Ramo, il compito di scoprire e individuare i principi sui quali si fonda l’intero edificio del sapere, di tracciare le linee portanti dell’enciclopedia che abbraccia l’intera successione delle idee e delle cose. L’individuazione di un metodo in grado di individuare e disporre ordinatamente e sistematicamente le singole nozioni, di istituire un ordine unitario nella conoscenza, è il motivo portante della logica ramista. Ed egli lo difenderà nel corso delle lunghe e burrascose battaglie accademiche che lo contrappongono ad avversari pericolosi e temibili come Jacques Charpentier, potente rettore di filosofia dell’università parigina e sostenitore di una concezione puramente teorica, speculativa del sapere, culminante nella “divina metafisica” di Aristotele.
Concorde con Ramo sulla necessità di una riforma radicale del sapere, pure, Bruno dà su di lui nel De la causa un giudizio durissimo, sprezzante: «un francese arcipedante», «che intese Aristotele, ma che l’intese male». Bruno critica duramente Ramo perché, ai suoi occhi, egli appare esponente di un sapere privo di ogni forma di tensione speculativa, che ha ridotto la filosofia a pura indagine linguistica.





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