I servitori
Non sono tutti uguali
I servitori, e Bruno nella
Cena lo registra, sono di vario genere: ci sono i «gentiluomini de’ baroni», i poveri e bisognosi gentiluomini che si mettono sotto la protezione dei maggiori; ci sono poi «i mercantuzzi falliti o arteggiani» oppure quelli che «senza profitto han studiato a leggere scrivere o altra arte»; seguono i poltroni che «per fuggire maggior fatica, han lasciato più libero mestiero»; infine ci sono i disperati, i disgraziati, inutili e inerti. Eccetto i gentiluomini dei baroni, tutti gli altri sono servitori pronti a mettere mano alla spada, «sono persone di buon stomaco che hanno a dispreggio il mondo intero». Hanno la bella abitudine di urtare le persone in strada, per quanto gli si lasci campo libero: «Non fanno solamente come l’asino, il quale, massimamente quando è carco, si contenta del suo diritto camino per il filo; d’onde, se tu non ti muovi, non si muoverà anco lui, e converrà che o tu a esso, o esso a te doni la scossa».