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Elisabetta I
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L'arte della memoria

Uno degli elementi chiave nella cultura del Cinquecento

La locuzione “arte della memoria” indica un insieme di tecniche, tramandate dalla retorica classica, adatte a memorizzare una serie di contenuti (memoria rerum) o di parole (memoria verborum). La tecnica per aumentare le capacità della memoria si basa essenzialmente su due elementi: i loci e le imagines. Se l'obbiettivo è memorizzare dei concetti, occorrerà immaginare un luogo, preferibilmente un edificio ampio e composto di molte stanze, e imprimersi bene in mente la sua conformazione. Poi si potrà associare ogni concetto a un’immagine particolare, e collocare ognuna delle immagini in una stanza del palazzo immaginario, in un ordine uguale a quello in cui si desidera ricordare i diversi concetti. Al momento di utilizzare la serie memorizzata, basterà visitare una dopo l’altra le stanze del palazzo della memoria, e le immagini che vi si ritroveranno restituiranno uno ad uno i pensieri loro affidati, nell’ordine desiderato. Il rapporto tra le immagini della memoria e i contenuti ai quali esse rinviano è regolato secondo criteri analogici - di somiglianza, contiguità, inclusione, e così via -. L'attività ordinatrice e quella associativa che presiedono alla costruzione di ciascuna imago concorrono nel costruire un modello gerarchico che organizzi il pulviscolo frammentario delle informazioni in un sistema organico di conoscenze.
Proprio per questa doppia capacità di riorganizzare e di rendere visibile il sapere, l'arte della memoria è uno degli elementi chiave nella cultura del Cinquecento, impegnata in progetti di riforma radicale della conoscenza che la rendano universalmente accessibile, ordinandola in una “catena delle scienze” unitaria e coerente.
Affinché un sistema mnemotecnico risulti veramente efficace tuttavia, la trasformazione dei concetti astratti in immagini di per sé non basta: bisogna che queste immagini siano imagines agentes, dotate cioè di caratteristiche straordinarie e di un alto potenziale emotivo, tali da colpire immediatamente l’immaginazione. Le imagines agentes comportano dunque un “uso” consapevole e controllato delle passioni, che possono essere “inoculate” artificialmente in vista di determinati scopi. Da qui le implicazioni di ordine etico-morale che portarono di volta in volta a una duplice posizione riguardo all'arte della memoria per immagini: utilizzata e sfruttata proprio a causa del suo potenziale energetico (e dunque didattico) nella cultura cattolica, soprattutto di tradizione controriformistica; vietata, per i medesimi motivi, nella cultura puritana inglese.





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