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Elisabetta I
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Nicolò Copernico
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La cultura letteraria

“Un Inglese italianato è un diavolo incarnato”

La letteratura inglese di questo periodo riflette una situazione politica e religiosa complessa. Il nucleo trainante della letteratura europea è senza dubbio l'Italia: da qui vengono le mode e i modelli letterari - dalla lirica al teatro, dalla pastorale al poema epico -, i fasti del Rinascimento, i complessi decori del Manierismo. Ma l'Italia e la sua cultura rappresentano in Inghilterra gli avversari papisti, avversari politici più che religiosi, contro i quali dunque è bene mobilitare tutte le risorse dell'orgoglio nazionale: «un Inglese italianato è un diavolo incarnato», aveva scritto scherzosamente Florio.
Il rapporto con l'Italia e dunque con le forme e l'immaginario della letteratura rinascimentale è perciò estremamente contraddittorio. C'è ad esempio una letteratura popolare e francamente xenofoba, che mira a divulgare la religione riformata presso gli incolti e che dipinge a tinte fosche e violenti chiaroscuri delitti e splendori d'Italia, mentre attinge direttamente all'immaginario medievale del romanzo arturiano o della letteratura agiografica. Anche in questo caso tuttavia i modelli letterari possono essere all'occorrenza italiani: tra gli scrittori satirici puritani è ad esempio diffusa la tradizione “irregolare” delle pasquinate. C'è poi una letteratura che mira a salvare almeno l'umanesimo, anch'esso proveniente dall'Italia e organicamente legato in Inghilterra alla Riforma protestante: ecco allora un libro come lo Scholemaster (1576) di Roger Ascham (1515-1568), che, denuncia la voga italianizzante di certa cultura inglese e la corrotta Roma papale, ma ammira la romanità classica e gli scrittori latini. Un discorso a parte merita la cultura letteraria della corte elisabettiana.








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