la vita di giordano bruno
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Elisabetta I
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Nicolò Copernico
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Lettera al vicecancelliere

La speranza per una cattedra

Si tratta di una lettera che Bruno finge di scrivere al vicecancelliere e ai dottori di Oxford per ottenere una cattedra, sogno che Bruno ha inseguito per tutta la sua vita.
Il filosofo si presenta come «dottore in una teologia meglio elaborata e professore di una sapienza innocua e più pura - filosofo conosciuto, approvato e onorevolmente accolto nelle principali Università d’Europa, in nessuna parte straniero, fuorchè presso gente barbara e ignobile».
Bruno continua, incalzante e tagliente, sottolineando la sua funzione di domatore dell’ignoranza. Smaschera i Sileni puritani, che spacciano la pazzia per saggezza, l’ignoranza per sapienza, l’ozio per purezza. Rivendica a sé e alla sua ricerca i caratteri di utilità e di armonia naturale: «non tanto presumiamo del nostro sapere, quanto piuttosto siamo stati mossi da amor di manifestare la infondatezza della volgar filosofia, la quale pretende d’imporre, come verità provate per via di dimostrazione, principi creduti immediatamente». Allora, se è così, non qualunque pedante, asino e stolto dottore oxoniense può ragliare contro le tesi di Bruno. Cioè, per usare le parole stesse del Nolano, non deve succedere come in quel tempo d’inondazione in cui gli stronzoli degli asini dissero agli aurati frutti: «siamo anche noi pomi che galleggiamo».








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