Bruno e le traduzioni
Il “sentimento” delle parole
Bruno è sempre stato favorevole alle traduzioni: il vero significato delle parole, a suo giudizio, non sta nella lettera, ma nel “sentimento”, che deve essere compreso a prescindere dalla lingua in cui è espresso. Per questo il Nolano può sostenere che Averroè, sebbene arabo e ignorante di greco, ha compreso Aristotele più di qualunque altro commentatore greco.
Il tema della lingua è centrale anche nelle vicende personali di Bruno: benché si sia trattenuto in Inghilterra oltre due anni, non comprende che due o tre parole d’inglese. Ma l’ignoranza della lingua degli ospiti non lo mette in difficoltà: i gentiluomini della corte di
Elisabetta sanno tutti parlare francese o latino o spagnolo o italiano, «i quali, - scrive Bruno nella
Cena - sapendo che la lingua inglesa non viene in uso se non dentro quest’isola, se stimarebbono salvatici, non sapendo altra lingua che la propria naturale».
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