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Elisabetta I
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Nicolò Copernico
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Londra
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De gli eroici furori

Il furioso si sottrae alla vanitas

Dedicati a sir Philip Sidney, gli Eroici furori escono a Londra nel 1585 per i tipi dello stampatore John Charlewood. Divisa in due parti, ciascuna composta da cinque dialoghi, l’opera si sviluppa in forma di commento dialogico a una serie di imprese e di sonetti a commento delle imprese composti da Bruno. Si tratta di una scelta stilistica ben precisa: come segnala esplicitamente Bruno nell’Argomento che apre l’opera, i Furori sono il tentativo di esporre sotto il velo del linguaggio amoroso una straordinaria esperienza interiore.
Le fasi alterne che scandiscono questa vicenda, definita da Bruno attraverso l’immagine del furore eroico, sono descritte e discusse nei vari dialoghi. A conferma del carattere fortemente autobiografico dello scritto, i protagonisti dei dialoghi possono essere facilmente identificati con amici o conoscenti nolani di Bruno: in particolare, si ricordano le due figure femminili che compaiono nell’ultimo dialogo, cui Bruno attribuisce i nomi di due compagne d’infanzia Giulia e Laodamia.
L’analisi svolta dal Nolano nei Furori tende a sottolineare, volta per volta, le forze che interagiscono nell’esperienza del furioso: per questo motivo, appunto, i primi cinque dialoghi oltre a sottolineare la difficoltà dell’impresa, illuminano il ruolo primario svolto dall’intelletto e dalla volontà, che diventano il fulcro di un eccezionale processo di concentrazione per cui il furioso riesce a sottrarsi al circuito della vanitas.
Sono temi destinati a convergere nell’immagine di Atteone sbranato dai cani: posto nel cuore dei Furori il mito del cacciatore trasformato in preda viene interpretato come archetipo del furore eroico. Ma, anche in questo caso, l’attenzione di Bruno si sposta subito sulla messa a fuoco del limite che continuamente circoscrive l’esperienza umana: è infatti sintomatico il fatto che, nel descrivere il momento culminante del furore, l’autore sottolinei come l’oggetto della visione non sia Apollo, la monade, ma Diana, l’ombra e la genitura del principio supremo e inattingibile.





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